Hai capito Baglioni? A vederlo sembra un incrocio tra Lurch e una mummia da poco ritrovata da Lara Croft in qualche lontana tomba egizia, ma zitto zitto l’anno scorso ha trasformato un Festival televisivo in uno spettacolo (letteralmente) musicale e quest’anno ha ribaltato ogni pronostico, accogliendo nel seno della più tradizionale manifestazione nazional-popolare del BelPaese innumerevoli elementi sovversivi e “disruptive” (per usare un termine caro agli startuppari).

Ha vinto il migliore, tanto per cominciare. Mahmood, cantante milanese, sfiorato dal tocco magico di Charlie Charles (personaggio oramai paragonabile a Re Mida, visto che tutto quello che tocca diventa oro), nell’arco di sette anni è passato dall’essere eliminato a X-Factor a vincere prima Sanremo Giovani e poi quello vero e proprio. Che il ragazzo abbia una certa predisposizione al successo è confermato dal fatto che anche i lavori effettuati conto terzi (penso a Ola di Mengoni, che sta vendendo sfracelli, ed è opera sua) funzionino piuttosto bene.

Certo le polemiche non mancano né mancheranno, vuoi perchè abbiamo oramai l’abitudine di leggere sottotesti politici anche laddove non ce ne sono (il giorno in cui leveremo i social a politici ed elettori non sarà certo un cattivo giorno), vuoi perché effettivamente non ricordo altre edizioni in cui il voto popolare sia stato così platealmente sovvertito da quello della giuria di qualità (composta da chiunque, tranne che da intenditori di musica, questo va detto) e da quella dei giornalisti. Che vi devo dire? Se i gusti popolari fanno cagare, ben vengano quelli della giuria. Pensate come staremmo tutti meglio se questo avvenisse anche in altri ambiti…

Anche gli altri “semisconosciuti” hanno ben figurato: Achille Lauro mi è piaciuto parecchio in primo luogo perché ha sfanculato platealmente i guitti di Striscia la Notizia, un programma che nell’arco di trent’anni ha fatto all’Italia molti più danni di qualsiasi droga, in secondo perché si è trascinato sul palco Morgan, che a dispetto delle sue tendenze autolesioniste resta ancora un musicista molto esperto e talentuoso ed in ultimo perché il suo pezzo, per quanto basico ed elementare (e bimbominkiesco, a dirla tutta) resta impresso già dopo il primo ascolto. Bravo anche Ghemon, anche se canta malissimo, perché Rose Viola è un brano raffinatissimo, che coniuga alla perfezione pop e jazz. Recuperatevi la versione a due voci con Diodato e ne capirete le potenzialità. Non vedo l’ora di sentirlo “sistemato” in versione disco. Chissà, infine, se Livio Cori è davvero Liberato.

I vecchi hanno lasciato un’ottima traccia: Daniele Silvestri si è confermato come il miglior cantautore della sua generazione e uno dei migliori parolieri della storia della musica italiana. La Bertè, tornata a nuovi fasti dopo un lungo periodo di appannamento, ha urlato parecchio ed è sembrata pimpante e in forma. Non dimentichiamoci che stiamo parlando della donna che ha portato in Italia generi musicali allora sconosciuti (il reggae e le opere di Bob Marley, ai tempi di E la luna bussò) e cantato capolavori che i rispettivi autori non sarebbero mai riusciti a portare allo stesso successo (Non sono una signora di Fossati e Il Mare d’inverno di Ruggeri). Purtroppo il processo di palingenesi e rinnovamento non sarà del tutto completato finché verranno portati sul palco fenomeni commerciali da strapaese come Il Volo (che anche basta eh, tanto ci sono già Bocelli e pargolo…) e figli e figliocci di Maria de Filippi (sempre meno, grazie a Dio).

Un Festival quindi finalmente incentrato sulla Musica, con ancora troppi stacchetti, certo, e un ritmo eccessivamente diluito, ma che può essere la base per liberarsi definitivamente delle scorie del passato. Il vecchio Fegiz, uno dei più celebri critici musicali italiani aveva ragione a dire che a Sanremo passano solo quelli che vorrebbero avere successo e quelli che non ce l’hanno più da un pezzo, ma forse, per l’edizione di quest’anno, affermare che “sono solo canzonette” è un po’ riduttivo.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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